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IT - Rischi ed usi errati delle Learning Analytics

Capitolo estratto della tesi "le Learning Analytics per la valutazione formativa negli ambienti di apprendimento a distanza"  (scritta ad Aprile 2014). 

Privacy e anonimato

Abbiamo descritto come le Learning Analytics si fondino sui dati generati dai discenti e di come negli ultimi anni sia cresciuto esponenzialmente l’interesse a collezionare, analizzare e utilizzare questi dati per fare delle statistiche e delle previsioni riguardanti abitudini, preferenze, comportamento degli utenti. Contestualmente a ciò si è sviluppata una nuova e decisamente più marcata sensibilità verso il diritto alla privacy in rete, la quale passa da un livello di “argomento caldo” discusso nei blog, a primo punto dell’agenda politica delle Nazioni, recentemente discusso soprattutto in vista delle Elezioni Europee 2014[1]. Il problema della privacy in Europa è cresciuto prevalentemente a causa dello scandalo dei sistemi di sorveglianza messi a punto dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza statunitense[2]. La priorità politica è quella di stabilire regole più rigide sul trattamento e l’utilizzo dei dati sensibili.

In seno a questa crescente sensibilità verso gli aspetti legati alla privacy, sin dagli albori della ricerca sulle Learning Analytics e sugli Educational Data, gli studiosi hanno sottolineato la necessità di sviluppare modelli che tutelassero la privacy e mantenessero la sicurezza dei dati [ad es. Campbell, DeBlois, & Oblinger (2007)].

Slade e Prinsloo (2013) suggeriscono di individuare due piani dell’utilizzo dei dati distinguendo l’uso educativo da quello non educativo. Il primo è quello che agevola la valutazione, la riflessione e la personalizzazione dei curricula ed è rivolto più a discenti e docenti o istruttori del corso; il secondo, l’uso non educativo, consiste nel fare analisi di business a livello di istituzione educativa. In questo caso sarebbe più opportuno che i dati venissero de-identificati prima di essere analizzati e nel lungo termine venissero cancellati dopo alcuni anni per garantire il diritto all’oblio[3].

Inoltre si sottolinea l’importanza di informare i discenti dei tipi di dati che vengono collezionati dando loro la possibilità di firmare un consenso (o rifiutarlo). A partire da questo sarebbe forse utile creare un sorta di “codice di comportamento” deliberato dal discente, che informi la proprietà e i limiti  dell’utilizzo dei dati (Slade & Prinsloo, 2013) oppure creare una struttura comprensiva di governo all’interno dell’istituzione educativa che classifichi i dati in categorie a seconda del livello di protezione (ad es. pubblici, non pubblici, sensibili) identificando anche dei responsabili che sorveglino l’aderenza agli standard e che stabiliscano chi deve o non deve poter accedere ai dati (Petersen, 2012).

Iper-quantificazione

In un esempio riportato da Duval (2011) di possibili utilizzi della visualizzazione dell’informazione allo scopo di stimolare l’apprendimento, si fa riferimento alla dashboard personale di una nota marca di scarpe sportive da corsa. Scaricando un’applicazione sul proprio smartphone è possibile tener traccia della lunghezza e del tempo del percorso in fase di allenamento.  Le performance giornaliere saranno rappresentate con un grafico come mostrato in Figura 5. Duval sostiene che “applicazioni simili possono essere costruite per tracciare il progresso del discente nell’apprendimento, sviluppando e mantenendo la motivazione definendo dei traguardi realistici e sviluppando piani per raggiungerli” (Duval, 2011).

Molte volte vi è però una considerevole differenza fra il desiderio di apprendimento, in particolare quello che ha luogo nell’ istruzione formale e la corsa. Chi corre e misura la distanza e il tempo della corsa o chi si allena e misura i grassi bruciati o il numero di calorie degli alimenti che giornalmente ingerisce, lo fa con l’interesse di misurare scientificamente le proprie performance, ben consapevole del perché lo stia facendo. Nell’apprendimento il discente, molto spesso, non ha totale coscienza di stare imparando qualcosa, non a caso la consapevolezza di apprendere è considerata una delle dimensioni che caratterizzano un buon Lifelong learner (Crick, Broadfoot, & Claxton, 2004).

Mettere il discente di fronte a dei grafici e a delle statistiche sul suo apprendimento (Figura 3 L'interfaccia utente in SAM) potrebbe non sortire l’effetto sperato di invogliare al miglioramento. Al contrario l’impatto con discenti già poco coinvolti nello studio potrebbe essere controproducente (Buckingham Shum & Crick, 2012), generare maggiore distacco, a causa di un mancato riconoscimento di se stesso nella rappresentazione delle proprie performance.

Generalmente parlando, è preoccupante che l’utilizzo delle Learning Analytics assuma le sembianze dell’approccio QuantifiedSelf[4], che si arrivi cioè ad utilizzare dati biometrici per l’analisi dei comportamenti (Buckingham Shum, Interview of Simon Buckingham Shum, 2014). L’errore, che c’è alla base, è la convinzione che tutti gli aspetti di una persona possano essere misurati. Come dice Booth tuttavia le Analytics da sole non saranno mai sufficienti: “dobbiamo tutti divenire altamente consapevoli degli aspetti che non possono essere misurati, così come i reali limiti che ha la tecnologia nello spiegare il processo unicamente umano ed ereditariamente sociale che è l’apprendimento” (Booth, 2012).

Competizione fra gli attori

Altro concreto rischio, collegato in generale alla valutazione quantitativa dell’istruzione è quello di creare una competizione negativa fra gli attori, siano essi discenti, docenti o le stesse istituzioni educative. Sebbene le classifiche nazionali e internazionali tra le università siano una pratica diffusa[5], nel caso delle scuole, esse assumono un significato differente: rischiano di mettere in competizione le comunità scolastiche di uno stesso territorio e di polarizzare il tessuto societario in classi. Citiamo ad esempio lo School Locator della città di Chicago (Chicago, 2013) che permette di fare una ricerca delle scuole che hanno totalizzato maggiori punteggi; dello stesso tipo è la ricerca predisposta dal Los Angeles Times che permette di cercare fra le scuole primarie della città quelle che hanno avuto performance migliori o minori e i docenti considerati migliori (Buddin & Felch, 2010). In generale pensiamo che le Learning Analytics (sebbene in questo caso siano più identificabili come Academic Analytics) dovrebbero “avere come funzione principale quella di essere una pratica morale che produce comprensione piuttosto che misurazione” (Reeves, 2011).

Auto-propaganda

La personalizzazione dei contenuti tuttavia oltre ad offrire grandiose opportunità in termini di adattamento e supporto in tempo reale al discente, può diventare un’arma a doppio taglio. Selezionare risorse educative basate sui propri interessi potrebbe portare all’effetto che Pariser (2011) identifica come la “bolla dei filtri”, rendere cioè gli utenti prigionieri delle scelte passate. Adattare un percorso formativo sulla base delle proprie preferenze non è sempre la scelta indicata, dal momento che come sostengono Buckingham Shum & Ferguson (2012) “ciò che mi piace” non corrisponde sempre a “ciò di cui ho bisogno” perché “la mia conoscenza della materia, e di me stesso come discente, è incompleta”. Esplorando risorse educative consigliate sulla base dei propri interessi si rischia quindi di replicare se stessi come in una sorta di “auto-propaganda”; facendo ciò non si prova a superare la propria zona di comfort al di fuori della quale avviene il vero apprendimento.

Categorizzazione pregiudiziale

Un altro errore a cui possono condurre le tecniche di user modeling e tutte le tecnologie didattiche che mirano a descrivere l’identità del discente in un particolare contesto, è quello di categorizzare permanentemente nel tempo. Al contrario, una delle fondamentali capacità umane è quella di cambiare nel tempo, perciò bisognerebbe dare la possibilità ai discenti di evolvere e aggiustare il proprio apprendimento differenziandolo dalle esperienze passate, come sostengono Slade & Prinsloo (2013). Queste esperienze, però, nelle piattaforme di formazione a distanza, a causa della natura digitale, rischiano di diventare permanenti: rischiano di colpevolizzare il discente e di compromettere il suo percorso formativo futuro per gli errori che ha commesso nel passato. In generale, come osservato anche da Campbell, DeBlois, & Oblinger  (2007) tracciare il profilo di un utente può rivelarsi, sì, vantaggioso ma allo stesso tempo può dare luogo a considerazioni che finiscono per esprimere pregiudizi su comportamenti e aspettative di un discente. A fronte di ciò Slade e Prinsloo sono categorici quando sostengono che “Mentre categorizzare i dati è necessario, categorizzare i discenti e i corsi in base ai dati storici è una scelta, almeno per il momento, errata ed incompleta.” (Slade & Prinsloo, 2013)

[1] Il Parlamento Europeo ha recentemente varato un tutela legislativa di protezione (Curtis, 2014)

[2] Scandalo delle rivelazioni fatte al quotidiano Guardian in merito al varo da parte dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza statunitense di un programma chiamato PRISM che serviva ad intercettare e sorvegliare comunicazioni di figure istituzionali (Malkin, 2013)

[3] Il diritto all'oblio nel Web è il diritto ad essere dimenticati online è la possibilità di cancellare, anche a distanza di anni, dagli archivi online, il materiale che può risultare sconveniente e dannoso per soggetti che sono stati protagonisti in passato di fatti di cronaca. (Fonte: Wikipedia)

[4] QuantifiedSelf  è un movimento che incorpora la tecnologia nell’acquisizione dei dati su di aspetti quotidiani della vita di una persona in termini di input (ad es. cibo consumato, qualità dell’aria), stati (ad es. umore, eccitazione, ossigeno nel sangue) e performance (mentali e fisiche). Questo auto-monitoraggio combina sensori e piccoli computer “indossabili” è anche nota come “life-logging” (Wikipedia, Quantified Self, 2014)

[5] Classifiche di college e università sono elenchi degli istituti di istruzione superiore, in ordine di combinazioni di fattori. Oltre alle intere istituzioni, si classificano anche programmi specifici e dipartimenti. Le classifiche sono condotti da riviste, giornali, siti web, governi e mondo accademico. (Wikipedia, College and university rankings, 2014)

Bibliografia

Booth, M. (2012). Learning analytics: The new black. EDUCAUSE Review, 47(4), 52-53.

Buckingham Shum, S. (2014). Interview of Simon Buckingham Shum. Interview of Simon Buckingham Shum. Retrieved from https://www.youtube.com/watch?v=qnP_yk0hDKY il 25/03/2014

Buckingham Shum, S., & Crick, R. D. (2012). Learning dispositions and transferable competencies: pedagogy, modelling and learning analytics. Proceedings of the 2nd International Conference on Learning Analytics and Knowledge, (pp. 92-101).

Buddin, R., & Felch, J. (2010). Los Angeles Teacher Ratings. Retrieved Marzo 20, 2014, from Los Angeles Times: http://projects.latimes.com/value-added/

Campbell, J. P., DeBlois, P. B., & Oblinger, D. G. (2007). Academic analytics: A new tool for a new era. Educause Review, 42(4), 40.

Chicago, C. (2013). http://www.cps.edu/Schools/Find_a_school/Pages/schoollocator.aspx. Retrieved Marzo 20, 2014, from CPS Chicago Public Schools Locato: http://www.cps.edu/Schools/Find_a_school/Pages/schoollocator.aspx

Crick, R. D., Broadfoot, P., & Claxton, G. (2004). Developing an effective lifelong learning inventory: The ELLI project. Assessment in Education: Principles, Policy \& Practice, 11(3), 247-272.

Duval, E. (2011). Attention please!: learning analytics for visualization and recommendation. Proceedings of the 1st International Conference on Learning Analytics and Knowledge, (pp. 9-17).

Ferguson, R., & Buckingham Shum, S. (2012). Towards a social learning space for open educational resources.

Pariser, E. (2011, June). Eli Pariser: The net's bubble burster. The Indipendent. Retrieved from http://www.independent.co.uk/life-style/gadgets-and-tech/features/eli-pariser-the-nets-bubble-burster-2300634.html

Petersen, R. J. (2012). Policy dimensions of analytics in higher education. Educause Review, 47(4), 44-46.

Reeves, T. (2011). Can Educational Research Be Both Rigorous and Relevant? Educational Designer,, 1(4).

Slade, S., & Prinsloo, P. (2013). Learning Analytics Ethical Issues and Dilemmas. American Behavioral Scientist, 57(10), 1510-1529.

Published by Daniele Di Mitri

Daniele Di Mitri is a research group leader at the DIPF - Leibniz Institute for Research and Information in Education and a lecturer at the Goethe University of Frankfurt, Germany. Daniele received his PhD entitled "The Multimodal Tutor" at the Open University of The Netherlands (2020) in Learning Analytics and wearable sensor support. His research focuses on collecting and analysing multimodal data during physical interactions for automatic feedback and human behaviour analysis. Daniele's current research focuses on designing responsible Artificial Intelligence applications for education and human support. He is a "Johanna Quandt Young Academy" fellow and was elected "AI Newcomer 2021" at the KI Camp by the German Informatics Society. He is a member of the editorial board of Frontiers in Artificial Intelligence journal, a member of the CrossMMLA, a special interest group of the Society of Learning Analytics Research, and chair of the Learning Analytics Hackathon (LAKathon) series.

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